Metamorphosis in glass
Metamorphosis in glass – Studio Gennai
“Metamorphosis in glass”
Nel foyer del Teatro Verdi di Pisa, dal 18 Marzo al 9 Aprile.
Un artista a scuola: Delio Gennai e il vetro
E’ ormai chiaro che l’ultimo decennio del secolo passato si è aperto e chiuso su uno scenario ben diverso da quello dei suoi inizi. Uno scenario che non è oscillato più sulle dicotomie tra arte e vita, capitalismo e comunismo, creatività e ideologia, natura e storia. Le vecchie opposizioni sono state riassorbite dall’antropologia culturale dell’uomo post-moderno. E anche questo termine è stato progressivamente letto in maniera meno isterica e non più in contrapposizione al moderno. Semmai ha designato la posizione di una cultura che, attraverso la memoria computerizzata, si è mossa su un territorio dilatato, senza frontiere spaziali e temporali. La creatività è stata intesa con sempre maggiore convinzione come possibilità di coniugare insieme memoria e stile linguistico, sperimentazione e rappresentazione, ornamentazione e comunicazione. L’arte della fine novecento ha, insomma, teso a riconoscere come proprio contesto una sorta di stato mondiale – la ponderosa questione della globalizzazione – uno stato mondiale dove non esiste un solo centro, ma piuttosto un campo continuamente forzato dalle periferie. Un mondo a costellazione, dove la creatività si esprime senza più l’egemonia di un linguaggio forte o la prevalenza influente di un unico mercato. In questo scenario si è andati alla riscoperta dell’oggetto, dopo tanti anni in cui si era puntato molto di più sui processi che sui prodotti. Nell’ambito di questa riscoperta, il vetro è tornato clamorosamente in auge. Ci si è accorti che il vetro è un materiale magico, che lascia trasparire ciò che sta al di là. Le immagini trascorrono attraverso di esso, ma trascorrono sottilmente alterate. Mutando in qualche modo – anche minimamente – la qualità della luce, sospende le cose di cui filtra le figure in un’aria diversa e surreale; le proietta in un elemento altro, quasi liquido. Il vetro è stato a lungo collegato a un’idea di verità: come se la verità si raggiungesse percependo i tratti e i contorni esteriori delle cose; e come se la trasparenza fisica di cui il vetro avvolge edifici e oggetti fosse anche trasparenza morale, qualità dello spirito. Oggi, con sentimenti mutati, di quella trasparenza cogliamo altri e diversi aspetti; non la fedeltà nel restituire il volto delle cose, ma la sottile alterazione, il mutamento d’immagine, lo spostamento di senso che uno schermo vetrato introduce. Ci interessa, delle infinite varietà di vetro di cui oggi disponiamo, proprio la capacità di illusione, la capacità di farci avvertire la relatività delle immagini esteriori delle cose. E poi ancora la distanza (il senso di impossibilità) che interpone tra noi e gli oggetti schermati. Come è noto, il vetro esiste già in natura. Il più antico vetro naturale è stato ritrovato in alcune meteoriti cadute sulla terra e risalenti a 4500 milioni di anni fa. L’inizio della produzione, invece, viene fatta risalire al III millennio a. C. e, solitamente, si distingue in due grandi fasi: quella precedente e quella posteriore all’invenzione della soffiatura avvenuta alla metà del I secolo a. C. Questo antico materiale non è mai servito solo per gli oggetti d’uso; spesso è stato utilizzato proprio per esigenze espressive, come elemento di ricerca artistica. Per limitarci ai giorni nostri, basti pensare alle installazioni di Livio Seguso e Lino Tagliapietra o agli oggetti-scultura di Ettore Sottsass o alle vere e proprie sculture in vetro di Pino Signoretto o di Luciano Vistosi. Del resto anche l’Istituto d’arte non è nuovo a queste vicende, avendo provato, qualche anno fa, un esperimento abbastanza ben riuscito, con Gabriella Picchiò. Questa è la volta di Delio Gennai, un artista che ha sempre fondato la sua ricerca sulla cura raffinata e minuziosa della lavorazione, scegliendo, specie negli ultimi tempi, materiali che, in virtù della trama rada – per esempio le garze – consentono effetti di opaca, anche se parziale, trasparenza. L’attenzione di Delio si è indirizza sempre di più alla valorizzazione della manualità, con passione artigianale, facendo scaturire le sue eleganti invenzioni formali da ciò che lo stesso materiale di volta in volta gli suggerisce. Ed è proprio nella riproposta dei materiali e delle tecniche del fare artigianale che in Gennai si attua una sorta di riscoperta del passato, come memoria di un antica sapienza che ha dato vita a oggetti e forme da ripensare e da rivalorizzare alla luce dell’esperienza contemporanea, anche con evidenti trasferimenti di significato. Materiali delicati e solitamente destinati a fini utilitaristici si abbinano a oggetti trovati ed estrapolati dai loro contesti originari: entrambi si trasfigurano, trasformano il loro essere, si disfano dei loro abituali connotati per ridefinirsi come elementi di un linguaggio teso a riscoprire le possibilità espressive della materia intesa, appunto, come materiale e come oggetto. Pur senza una vera e propria intenzionalità programmatica, le opere di Gennai si propongono nei fatti come contraltari di una civiltà tecnologica che tende a negare l’arte nelle sue valenze di intervento diretto sulla materia, a sovrapporre alla concretezza del reale il miraggio della virtualità. Il punto di partenza del lavoro che in questa occasione Delio ha sviluppato con gli studenti dell’istituto d’arte è un frammento di stendardo mussulmano rielaborato e reinventato. In altra occasione ho affermato che, a mio parere, il lavoro interpretativo cui Delio sottopone gli stendardi – questi emblemi della grandezza pisana – è un percorso in cui la memoria diviene il tramite della trasfigurazione fantastica, il medium attraverso il quale dalla realtà di un oggetto trovato si passa a quella altrettanto concreta dell’oggetto rivisitato che diviene segno della continuità spazio-temporale, del fluire della storia. Un percorso dalle grandi valenze formative: dare, attraverso l’invenzione e la costruzione di forme concretamente esperibili il senso della continuità tra passato e presente significa offrire ai giovani modalità cognitive che, partendo dalla quotidianità del loro vissuto, consentono l’acquisizione di strutturate competenze di autorientamento. Dalla bidimensionalità di quel frammento, andando a individuare con minuziosa attenzione i vari dettagli, si è passati a un progetto tridimensionale in polistirolo, che è servito come modello per la realizzazione in vetro. L’intento era quello di trasferire i caratteri del linguaggio (la trasparenza, la cura artigianale, l’equilibrio tra i particolari, la sostanziale monocromia) per verificare la gamma delle modulazioni consentite dalla declinazione di quelle strutture linguistiche. Cerchi iscritti l’uno nell’altro e differenziati per intensità cromatica sono divenuti dischi di vetro di alto spessore di varie forme e dimensioni, molati e sovrapposti, in modo da costruire veri e propri volumi aggettanti, senza rinunciare – pur mitigato – all’effetto di trasparenza; l’intrecciarsi dei bracci della stella a sei punte si è trasformato in articolato incastro di barre di vetro disposte obliquamente al piano di terra; alcuni segni circolari hanno preso la forma di irregolari e tortuosi oggetti conici, ottenuti con la soffiatura; le variazioni tonali nella genarale impostazione monocroma sono state ottenute, oltre che dalla diversa sovrapposizione e disposizione dei vetri, attraverso qualche inserimento tra un disco e l’altro di ritagli di garza, in un leggero trascolorare che ripropone – mutatis mutandis – la raffinatezza delle modulazioni del bianco su bianco caratteristiche degli stendardi. Non di rado nel passare dal progetto all’oggetto alcuni particolari si sono trasformati, per la difficoltà e, talora, l’impossibilità della realizzazione: le esigenze tecniche sono divenute stimolo per la creatività, come spesso, fortunatamente, accade. La mano lieve e, nel contempo, ferma e decisa di Delio ha guidato con maestria il lavoro appassionato, consapevole e attivo di docenti e studenti, fornendo un esempio di proficua ed efficace integrazione tra competenze e livelli di esperienza naturalmente assai diversificati. L’istallazione nel foyer del Teatro Verdi prevede che i vari pezzi di cui si compone l’opera, frutto di laboriosa collaborazione, siano adagiati su un tappeto di sabbia: ciò creerà un’ulteriore variante cromatica che arricchirà senza dubbio l’effetto d’insieme. Le diverse sorgenti luminose ne faranno un oggetto vitale e stimolante. Ancora una volta il rapporto con operatori esterni alla scuola si è dimostrato pieno di affascinanti potenzialità formative. E’ un’ulteriore spinta a proseguire.
Marzo 2000
Ilario Luperini
Comune di Pisa
Istituto d’Arte di Pisa “F.Russoli”
“Gli Artisiti incontrano il Vetro” è un’iniziativa dell’Istituto Statale d’Arte di Pisa
1° incontro:
“Metamorphosis in glass” gli alunni interpretano un’opera di Delio Gennai
insegnanti:
Paolo Menici (elaborazione plastico)
Cecilia Pastore (realizzazione vetro)
alunni:
Bacchiet Lucia, Baldetti Rebecca, Bartaloni Rachele, Bartolucci Gabriele, Carmignati Chiara, Ceriello Valentina, Chiuccomi Giulia, Cianelli Andrea, Claveri Francesca, Copoccini Viviana, Costagli Sara, Cuchel Giulia, Dell’Ira Barbara, Demi Veronica, Diari Saverio, Dutti Saverio, Galluzzi Nicola, Garrisi Antonio, Giacomelli Ilaria, Giannettoni Alessio, Inghisciano Andrea, Izzo Martina, Leonardi Irene, Lucherini Elisa, Marchetti Sara, Marchetti Valentina, Mariotti Ambra, Pellegrini Elena, Pilia Ambra, Rosati Ilenia, Stefanelli Elena.
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